martedì 19 agosto 2008

Solo una questione di orgoglio...

Ho un fratello di 17 anni e si chiama Tommaso. Io e lui siamo incredibilmente affiatati, sin dalla nascita. Siamo molto simili, sotto certi punti di vista. Il fatto è che condividiamo anche i difetti: e ovviamente, quando non si sopportano i propri difetti, come scusa per non prendersela con noi stessi, ce la prendiamo con chi li condividiamo. Per questo le nostre litigate sono pazzesche. All'inizio è una questione di chi ha ragione e chi ha torto. Ma poi la discussione si sviluppa e lo scopo della lite cambia. Diventa una questione di orgoglio. Il dialogo (se così si può definire), comincia a perdere senso e il filo del discorso sparisce. Io dico una cosa e lui è come se non l'ascoltasse e ribadisce la sua idea. La discussione non è costruttiva dal punto di vista risolutivo, perchè non si risolve niente in realtà. L'unico modo per farla finire è farla continuare fino allo sfinimento, fin quando si calma la rabbia e uno dei due trova il coraggio di ammettere le proprie colpe.L'altra sera litigavamo perchè lui sosteneva che fossi un'egoista perchè volevo uscire perchè non stavo molto bene e non ne avevo nessuna voglia. Lo diceva perchè sono gli ultimi giorni che sta qui in Italia e io non glieli lascio godere pensando solo a me stessa. Lui diceva questo. Il discorso è continuato fino alle due di notte... nessuno dei due voleva dare corda all'altro in nessun caso. Così per un attimo mi sono fermata a pensare che effettivamente erano gli ultimi giorni con lui ed era inutile passarli a litigare. Così nonostante non fossi d'accordo con lui e nonostante la rabbia fosse ancora molta in me, ho semplicemente detto scusa, anche se pensavo che non avesse senso ed ero ancora pienamente convinta di avere ragione. Il fatto è che da quel momento ho imparato che nella vita è importante saper mettere da parte l'orgoglio e fermarsi a considerare anche ciò che è più grande dell'importanza di avere sempre ragione, perchè sennò prima o poi si rischia di rimanere da soli e anche la testardaggine non è in grado di reggere alla più totale solitudine. La questione si è risolta appena l'ho detto: "sono disposta a chiederti scusa per non averti spiegato subito le mie motivazioni, ma la questione sta tutta qui, non sono un'egoista." ed è finita. A volte basta questo piccolo sforzo per migliorare tutto.

mercoledì 12 marzo 2008

Sono cambiata... in tutto e per tutto

Ho avuto un'esperienza che mi ha fatta cambiare... mi ha fatto arrivare accidentalmente ad un peso di 42 kg x 1,63 m di altezza, mi ha distrutto interiormente ed esteriormente... all'inizio era una banale influenza, che poi si faceva preoccupante, perchè continuava a persistere... poi arrivò anche il vomito: mangiavo e mi arrivava il conato immediatamente, sia che si trattasse di riso in bianco, sia che si trattasse di un piatto di pasta alla carbonara. Eravamo disperati, non riuscivo a mangiare e non ero felice, perchè grazie ad un imprevisto riscontrato con mio fratello, mi ero tolta dalla testa l'ossessione di dimagrire... quasi completamente. Mi portarono al prontosoccorso, dove mi ricoverarono, diagnosticandomi una banale gastrite. Il secondo giorno di ricovero ero già al telefono con mia madre piangendo, perchè ero già stufa di stare lì. L'odore, il cibo, l'ambiente, la gente infetta, il caldo... mi davano la nausea. Sin dalla prima notte, non presi sonno neanche per un secondo. La situazione peggiorò: con un'ecografia addominale, giustificata da delle insopportabili coliche all'addome, mi diagnosticarono una colecistite acuta. Sembrava che qualcuno se la fosse presa con me e volesse in tutti i modi buttarmi sempre più giù. Andava tutto male intorno a me. E la notte soffrivo, neanche respiravo per il dolore. Mi trasferirono in breve a Padova, la febbre era già salita oltre i 39 e i dolori erano aumentati. Mal di stomaco, dolori all'addome, mal di schiena fortissimi, sudorazione a mille... ero frustrata, non ce la facevo più, piangevo, era tutto nero. Ed erano passati solo 10 giorni. A Padova mi somministrarono 3 antibiotici al giorno e mi prescrissero un digiuno completo, per 20 giorni. L'unico effetto che sortirono gli antibiotici fu lo sfinimento fisico e il digiuno non aiutò. Perdevo peso a vista d'occhio, andavano via 2kg in una settimana, forse anche di più. I miei genitori erano disperati e tutt’oggi i dottori non sanno nome e cognome della mia malattia. Mi hanno operata, togliendomi la colecisti, fra mille precauzioni e trasfusioni di plasma e di sangue. Due giorni dopo l’iperpiressia (febbre alta) persisteva, con picchi improvvisi. Ero immobile, avevo una canulina che mi entrava nel naso e mi andava giù per l’esofago, fino allo stomaco e un’altra che mi entrava nel braccio e attraverso la vena arrivava fino al cuore. Non riuscivo a parlare e avevo fame. Ero stufa dell’ospedale, dell’insonnia, della tristezza. I dottori a volte dicevano di potermi mandare a casa e un attimo dopo peggiorava la situazione fisica e cambiavano idea. Ormai era un mese e mezzo che stavo in quel letto. Ora sono tornata. A casa, a distanza di un mese dalla dimissione, nn mi sono ancora ripresa del tutto, alcuni dolori ci sono ancora, ma sono felice e soprattutto sono forte e molto più coraggiosa e fiduciosa di prima. Non faccio più diete, mi sento bella dentro e fuori e piaccio agli altri. È vero, ho ancora le mie crisi, ma poi passano. I dottori non lo sanno, ma io sì: per un po’ non l’ho scritto nel blog, ma ero arrivata a vomitare qualunque cosa. Avevo sempre le dita in gola. Suppongo che questo abbia indebolito il sistema digerente e immunitario affinché uno stupido batterio potesse aggredirmi. E non lo auguro a nessuno: non fatelo, io ero triste davvero e non provavo più piacere come all’inizio delle mie stupide e folli diete.